
Come spesso accade, nelle circostanze estreme il genere umano mostra il meglio e il peggio di sé.
In questi giorni difficili, in cui l’Italia ha adottato misure molto severe per contenere l’epidemia di COVID-19, ho assistito a grandi dimostrazioni di umanità, responsabilità e di un ritrovato senso di comunità.
Di fronte a un pericolo trasversale e invisibile, che colpisce in particolar modo (ma non solo) i settori più vulnerabili della popolazione, molti hanno non solo compreso l’emergenza, ma si sono
messi a disposizione per cercare, ciascuno a suo modo, di rendere la situazione più tollerabile e di trasformare, per quanto possibile, una grave crisi in un’occasione di crescita.
Voglio ringraziare, dal profondo del cuore, tutte queste persone:
Grazie a Tiziana, e a tutte le persone che lavorano nel settore dei beni di prima necessità, perché continuano a non farci mancare l’essenziale.
Grazie a Federica, e a tutti coloro che si occupano di ordine pubblico, perché affrontano turni massacranti e con compiti spesso ingrati.
Grazie a Giulia, e a tutti gli operatori medici e sanitari, perché stanno facendo l’impossibile.
Grazie a Mattia, e a tutti i genitori che stanno vicini ai loro figli, alleviando la paura con un sorriso, un gioco, una torta.
Grazie a Domenico, e a quelli che vanno a fare la spesa per chi ha bisogno.
Grazie a Irene, e a tutti coloro che mettono a disposizione gratuitamente tempo e competenze, perché stanno facendo la differenza.
Grazie a Emiliano, e a tutte le persone che hanno capito che bisogna restare a casa.
Grazie a Kim, che condivide le proprie storie e le proprie paure per allertare un paese che ancora tarda a reagire.
Grazie a Marcus, che ricorda che anche gli anziani, gli immunodepressi, le persone con patologie, hanno diritto alla vita.
Grazie a Laura, che cancella un evento a cui aveva dedicato tempo e impegno, perché è la cosa giusta da fare.
Grazie a tutti voi e a tutti quelli che ho dimenticato, perché il brutto salta sempre all’occhio, ma sono gli atti quotidiani di gentilezza e di dedizione che tengono vivo il
tessuto che ci lega.

Abbiamo visto anche il brutto: le fughe egoiste e insensate, il “prima io”, il “tanto a me non può succedere”, la vergognosa speculazione politica e economica. Le scelte che facciamo in questi
momenti dicono molto più di fiumi di parole, e risuonano molto più a lungo.
Ci sono anche persone che non voglio ringraziare.
Ho letto di tutto in questi giorni: “Va tutto bene: è selezione naturale”; “È perfetto così e dobbiamo ringraziare per questa benedizione”; “Questo momento è un dono e si tagliano i rami secchi” … potrei andare avanti molto a lungo.
Questo spiritual bypassing in cui si nega tutto ciò che non vogliamo affrontare e si reprimono paura, rabbia e angoscia, non aiuta proprio nessuno: non ha nessun effetto positivo
perché da una parte spinge le persone a sottovalutare la situazione e a comportarsi irresponsabilmente e dall’altra peggiora la situazione psicologica, perché alla repressione segue,
inevitabilmente, una crisi.
Tutto questo, però, non è solo inutile, è anche uno sputo in faccia alle persone più a rischio (che sono improvvisamente scarti, rifiuti, vuoti a perdere) e a tutti coloro che stanno lavorando
senza sosta per cercare di salvare delle vite e di proteggere la nostra comunità.
Ci sono state altre persone, in un tempo non lontano, che hanno spinto questa visione di evoluzione umana e sociale: se grattiamo questi strati di glitter e di zuccherosità simil-spirituale, chi
troviamo?
Troviamo questi signori qua:

Facciamo una bella cosa, facciamo che se volete straparlare con aria soave di rami secchi e di selezione naturale, prima rinunciate a vita a qualsiasi cura medica e ve ne andate
a vivere nei boschi, procurandovi cibo, abiti e riparo da soli: se sopravvivete, DOPO, potrete parlare di selezione naturale. Altrimenti chiudete quella cazzo di bocca.
Vorrei quindi inviare il mio personale messaggio a tutte le persone che scrivono e diffondono riflessioni di questo genere.
Siete pronti? Adesso arriva…

Andatevene a fanculo voi e la vostra incapacità di affrontare il dolore, la paura e la morte; andatevene a fanculo con la vostra ipocrisia; andatevene a fanculo con la vostra insensibilità e gli
ideali nazisti nascosti sotto tonnellate di unicorni, cristalli e rimedi omeopatici.
Questa porcheria tossica continua a girare impunemente perché la maggior parte di noi (me compresa) evita di utilizzare in risposta toni troppo duri, magari perché abbiamo paura di ferire i
sentimenti di qualcuno, o perché è più facile evitare il conflitto o perché si rischia l’ostracismo da parte di interi settori della comunità in cui viviamo. Non è più il tempo di lasciar
correre.
Vi invito dunque, ogni volta che vi trovate di fronte ad argomenti di questo genere, a rispondere con un bel: vaffanculo.
Nel caso in cui temiate ripercussioni in questa vita o nella prossima, vi autorizzo ufficialmente a scaricare il tutto (Peccato? Karma? Vibrazioni basse? Comunque lo si voglia chiamare) su di me: potete dire “Giulia mi ha detto di mandarti a fare in culo” e, a questo scopo, vi offro anche un comodo santino celebrativo da usare a mo’ di scudo spirituale, per lasciare la vostra anima immacolata anche nel mezzo del turpiloquio più sfrenato.

E pazienza se questo significa che nell’Aldilà mi troverò 72 incel con la maglietta “Padania Libera”, o che mi reincarnerò in una zecca sul culo di un alce, o che vibrerò così bassa che mi potranno usare per le trivellazioni petrolifere.
Ne sarà valsa la pena.
Giulia Turolla, 12/03/2020